Enti provinciali

Risponde Claudio Groff: referente e coordinatore del Servizio per le Attività di monitoraggio, informazione alla collettività, formazione degli operatori, gestione degli indennizzi, gestione delle emergenze e raccordo con gli Stati e le Regioni.

Intervista semi-strutturata faccia a faccia in data 27/11/08


D:Lei è a favore o contrario al ripopolamento dell’orso bruno in Trentino? Perché?

R: Sono assolutamente favorevole. Sono molti anni che mi occupo della questione, quando ero ragazzo per hobby e adesso per lavoro. Alla fine degli anni ‘80, inizio anni ‘90, facevo parte del piccolo gruppo pionieristico che scrisse il primo progetto sugli orsi. A ciò ho sempre creduto molto perché sono appassionato di montagna, di ambiente alpino del quale l’orso è l’emblema e perciò penso che chiunque di noi abbia a cuore le sorti dell’ambiente non possa prescindere dall’orso, così come dall’aquila o dalla stella alpina, ma anche da tutte le altre specie. L’orso ha però qualcosa in più. Quando si parla di orso non si parla solo di fattori biologici, ma anche emotivi, culturali, sociali e storici. È una forma di vita che dà molti spunti ed opportunità di riflessione. Detto questo, per spiegare perché è importante il ripopolamento dell’orso starei comunque al dato di base: cercare di contrastare il trend generale esistente che è quello della perdita delle specie, della perdita di biodiversità, dell’impoverimento dell’ambiente.

D: Secondo Lei è più forte l’immagine dell’orso “cattivo” che si mangia le pecore o quella dell’orso “vittima” ucciso in Germania e Svizzera?

R:È difficile dire quale sia l’immagine rimasta più impressa nella mente delle persone, soprattutto perché sono state entrambe evidenziate, sottolineate dai media. Posso dire che quella dell’orso cattivo che fa dei danni, dell’orso che può anche essere pericoloso, è condivisa da più persone che non quella dell’orso vittima. Però ci sono persone che sentono entrambe le cose: ci sono persone che conoscono poco l’orso, che non c’hanno a che fare e dicono “eh! però è pericoloso, eh! però fa danni, eh! però si starebbe meglio senza” e poi, quando gli sparano “eh! povero orso, sarebbe stato meglio metterlo in una gabbia”. Sembrano due sentimenti contrastanti però penso si possano provare tutte e due.

D: Quanti sono gli orsi e dove sono?

R:Il dato ultimo che abbiamo è quello della fine del 2007 (tra poco sarà disponibile quello del 2008) il quale ci dice che abbiamo 23 animali e pensiamo non siano molti di più, non più di 25. Questo è il dato ufficiale. Sono tutti nel Trentino occidentale tranne uno che è sull’altipiano di Asiago , uno in Lombardia e uno o due in Alto Adige.

D: Ad oggi pensa che il progetto di ripopolamento dell’orso sia riuscito?

R:Penso di sì, è un progetto di successo. Ci sono anche pareri più autorevoli del mio che lo sostengono e cioè quelli della Comunità Scientifica Nazionale ed Internazionale. Sull’orso c’è una rete internazionale di convegni a livello mondiale e attraverso questi possiamo capire il corso della situazione e cosa pensano gli altri del nostro progetto. Finora è considerato un progetto di successo. Rispetto alle altre esperienze possiamo comparare il nostro progetto a quello francese sui Pirenei e a quello austriaco. Quest’ultimo ha avuto un esito negativo dovuto probabilmente al bracconaggio, mentre i francesi hanno avuto un risultato migliore anche se il contrasto sociale in Francia è molto forte, soprattutto con gli allevatori, i quali sono politicamente molto attivi. In più, come ammettono gli stessi operatori francesi, hanno attivato, rispetto a noi, meno canali di informazione, di preparazione prima di portare gli orsi. Se guardiamo al nostro territorio, almeno sedici cucciolate e trenta nati negli ultimi anni è un dato positivo. Ricordo però che lo Studio di Fattibilità diceva che ci vorranno venti-quarant’anni per capire se il progetto funziona e mi rendo conto, più si va avanti, che lo studio ha ragione. Di anni ne sono passati solamente sei ed è presto per dire come andrà a finire. La variabile più incerta rimane quella della componente sociale: è anche possibile che ci si renda conto che la gente non vuole gli orsi ad un livello tale da non poterne tenere nemmeno pochi, bisognerà eliminarli. C’è questa possibilità.

D:Quanto pensa abbia influito l’attrattiva turistica, ossia l’avere l’orso libero nei boschi trentini, nella decisione di ripopolare il territorio?

R:Pochissimo e posso dirlo da una posizione privilegiata perché, come raccontavo prima, all’inizio degli anni ‘90 ero tra le persone, facenti parte del Parco Adamello Brenta all’inizio e anche della Provincia poi, che si riunivano e che hanno portato avanti l’idea del progetto, idea che nasce grazie ad un professore tedesco, Schroeder, il quale stendendo il Piano Faunistico del Parco Adamello Brenta per la prima volta scrisse: “L’orso si sta estinguendo, o lo lasciamo estinguersi o ne portiamo degli altri”. La sua era una motivazione biologica, essendo egli biologo di formazione. A questo punto la reazione è stata positiva rispetto al ripopolamento, sia da parte del Presidente sia da parte del Direttore del Parco Adamello Brenta, sia da parte dalla Provincia. Quindi in principio si è detto sì perché si è sempre creduto che l’orso è un valore delle nostre montagne. Successivamente, quando si è arrivati alla delibera nel Mercato di Gestione del Parco, immagino che i rappresentanti dei Comuni abbiamo pensato anche all’aspetto di attrattiva turistica. Ha pesato cioè nella parte politica della decisione, la qual cosa è secondo me condivisibile, tanto che nel 2003 si è fatta un’indagine Doxa per capire se i turisti sono favorevoli alla presenza dell’orso, indagine che ha avuto una risposta positiva. Quindi i rappresentanti dei Comuni in realtà hanno avuto ragione a pensarci.





Risponde Davide Dalpiaz: Dottore in Biologia Animale, scienziato del Museo Tridentino di Scienze Naturali; si occupa del monitoraggio degli orsi, del controllo dei danni causati dall’orso, dell’attuazione delle relative pratiche di risarcimento e della comunicazione con la popolazione e con le scuole.


Intervista semi-strutturata faccia a faccia effettuata in data 20/11/2008.




D: È favorevole o contrario al reinserimento dell’orso bruno in Trentino? Perché?

R: Sono favorevole al reinserimento dell’orso bruno perché credo ci siano diversi aspetti che rendono questo progetto interessante: innanzitutto, da un punto di vista normativo, il Trentino si è trovato di fronte ad una scelta quasi obbligata perché era chiamato a rispondere a delle direttive dell’Unione Europea a tutela della specie. Inoltre, l’orso bruno è un animale autoctono, cioè in Trentino si è sempre riscontrata la sua presenza. Attualmente, ci sono zone del Trentino, ad esempio la Valle dei Laghi o il Monte Bondone, dove non si vedeva più l’orso da tempo; perciò gli abitanti del luogo sono ancora un po’ restii alla reintroduzione dell’orso sul territorio. Invece in altre zone, vedi la zona del Brenta, dove gli abitanti ne hanno una “memoria più fresca” si è abbastanza favorevoli alla sua presenza. Sono altresì favorevole perché ogni perdita di biodiversità va assolutamente evitata per le generazioni future. I pareri contrari alla reintroduzione derivano dalla convinzione del fatto che l’orso sia pericoloso, ma la sua pericolosità è virtuale: l’animale se è gestito nella maniera giusta non è pericoloso, si può dimostrare aggressivo solo quando sta difendendo una preda o i suoi cuccioli. Comunque il Trentino ha ottenuto una grande visibilità grazie a questo progetto, il quale è conosciuto in tutto il mondo.

D: Secondo Lei nell'opinione pubblica è più forte l'immagine dell'orso “vittima” che viene ucciso in Germania e in Svizzera o quella dell'orso “cattivo” che mangia le pecore?

R: Entrambe le immagini hanno sollevato l’opinione pubblica. Infatti, quando JJ1 è stato ucciso in Baviera è sorto un ampio dibattito, ma un dibattito altrettanto acceso si ripresenta quando è l’orso a uccidere le pecore. È importante capire che l’orso è una specie selvatica degna di rispetto come tutte le altre, non è un peluche, né tantomeno un crudele predatore come mostrato da certi film. Perciò non bisogna “innamorarsi” del singolo esemplare, come ad esempio Jurka, ma invece trovare una giusta via di convivenza tra l’uomo e l’animale: osservare l’orso sì, ma da lontano. Il vero problema è pertanto l’avvicinamento dell’orso all’uomo, mentre per i danni ad altri animali come le api o le pecore è possibile tutelarsi attraverso l’utilizzo di recinti elettrificati, per l’uomo la cosa è un po’ più complicata.

D: Sa esattamente quanti e dove sono gli orsi in questo momento?

R: Nei primi anni del progetto vennero liberati nel Parco Adamello Brenta 10 orsi provenienti dalla Slovenia, di cui però una femmina morì l'anno stesso. Da questi “fondatori” si è sviluppata una popolazione costantemente monitorata con metodiche genetiche e che conta attualmente circa 25 esemplari. Alcuni individui, maschi giovani, sono usciti dal territorio provinciale. Al momento, JJ5 è in Lombardia e si pensa siano a lui attribuibili alcuni danni, un paio sono in Alto Adige, altri due in Svizzera ed uno sull’altopiano di Asiago. I restanti si trovano tutti nel Trentino occidentale, soprattutto sul Gruppo del Brenta, sulla Paganella, sul Monte Gazza, in Val di Ledro e nella Valle dei Laghi.

D: Visti gli avvenimenti accaduti in passato (maltrattamenti,uccisioni..), Lei trova che il progetto Life Ursus sia riuscito o no?

R: Nell’indagine demoscopica Doxa del 1997 vennero intervistati gli abitanti di tutte le Province interessate dal progetto Life Ursus, ma non i residenti dei grandi centri urbani, come ad esempio la città di Trento, perché considerati lontani dalla realtà “orso”. Nella successiva indagine realizzata nel 2003 vennero, invece, intervistati solo i Trentini, compresi quelli residenti nei grandi centri urbani. Dalle due indagini risulta una elevata percentuale di consensi, infatti si è registrata una percentuale di favorevoli pari a circa il 75% degli intervistati. Un’ulteriore indagine, per vedere come la situazione si sta evolvendo dal punto di vista dell’accettazione, è prevista per quest’anno.
Dal punto di vista economico i danni sono limitati. Se ne è rilevato un piccolo aumento quest’anno, ma sono sempre cifre bassissime se confrontate con altre voci di spesa dell’Amministrazione. C’è da sottolineare comunque che i soldi usati per riparare ai danni causati dall’orso o a prevenirli sono a disposizione del comparto Ambiente e quindi, se non venissero utilizzati per gli indennizzi, verrebbero comunque impiegati nei settori competenti a tale comparto.

D: Quanto crede abbia influito, nella decisione di ripopolamento dell'orso in Trentino, l'aspetto turistico, ovvero l'attrattiva che può avere per il turista la presenza dell'orso libero nei boschi e non in gabbia come allo zoo?

R: E' sicuramente uno dei fattori che sono stati presi in considerazione per consolidare l'opinione positiva rispetto alla opportunità di reintrodurre degli esemplari. Il Parco Nazionale d'Abruzzo (ora d'Abruzzo, Lazio e Molise), i Comuni inclusi nel territorio del quale hanno redditi pro capite tra i più alti d'Italia, è emblematico in tal senso, visto che da decenni ha altissimi numeri di visitatori (ad oggi quasi due milioni all'anno) attirati tra il resto, dalla presenza di specie animali "prestigiose" come l'orso marsicano in primis, ma anche il lupo. Ricordiamo però che il principale fattore che ha guidato la decisione è stato l'obbligo di reagire a norme e leggi nazionali ed internazionali (soprattutto direttive comunitarie) che in pratica imponevano o sollecitavano molto questa soluzione in presenza di una popolazione che andava a scomparire.






Risponde Mauro Baggia: operatore della Squadra cattura ed emergenza orso, rilevamento danni ed addestramento cani da orso.

Intervista semi-strutturata realizzata telefonicamente in data 25/11/2008


D: Lei è a favore o contrario al ripopolamento dell’orso bruno sulle Alpi? Perché?

R:Sono a favore. Il programma di rinsanguamento dell’orso bruno è importante soprattutto perché la sfiorata estinzione della specie è stata causata dall’uomo ed è quindi dovere di quest’ultimo salvarla all’interno del suo ambiente naturale, in questo caso, l’Arco alpino.
L’unico punto critico che vedo è quello che vede come attore la popolazione.
Inoltre sono a favore perché la presenza di grandi carnivori sul territorio è segno di un’alta qualità dell’ambiente.

D: Secondo Lei è più forte l’immagine dell’orso “cattivo” che si mangia le pecore o quella dell’orso “vittima” ucciso in Germania e Svizzera?

R:Bisogna fare una distinzione: in bassa Val di Non l’orso c’è sempre stato, c’è una continuità della sua presenza e si dà perciò per scontato che l’orso ci sia. Invece in altre zone come la Val di Ledro e la bassa Val Giudicarie vi è una bassa tolleranza rispetto alla sua presenza, soprattutto da parte degli allevatori. Credo anche che accanto a questi due casi vi siano persone singole le quali, stando o da una parte o dall’altra, esagerano l’immagine dell’orso. Mi accorgo però che questo accadeva soprattutto nei primi tempi; ora credo che la popolazione abbia un’immagine dell’orso più vicina alla realtà e questo grazie alle serate di informazione sul comportamento e le abitudini dell’orso tenute nelle varie località trentine.

D: Quanti sono gli orsi e dove sono?

R:Si stima siano tra i 25 e i 30. Ricordo che siamo già alla terza generazione, e quando fino alla prima gli orsi si conoscevano per nome, ora questo non è più possibile. Abbiamo invece un quadro della situazione attraverso l’analisi genetica.
Le zone nelle quali sono presenti sono la zona della Catena del Brenta, la zona della Val di Sole, la Val Rendena, le Sarche, Molveno, i monti Paganella e Gazza. Due o tre orsi sono sulle Maddalene e uno è nella zona degli altipiani.

D: Ad oggi pensa che il progetto di ripopolamento dell’orso sia riuscito?

R: Per valutarne la riuscita bisogna aspettare dai 18 ai 40 anni dall’ultimo orso rinsanguato, ed oggi ne sono trascorsi quasi 10. Non è ancora tempo di tirare le somme. L’obiettivo è quello di avere una popolazione di orsi sulle Alpi orientali che entri poi in contatto con la popolazione dei Balcani. È un progetto ambizioso, però finora la riproduzione è attiva, c’è un buon tasso di natalità. Ciò fa pensare alla riuscita del progetto, ma è ancora tutto in forse, potrebbe andare a finire come in Austria dove ad un certo punto ci si è resi conto che erano rimasti solo pochissimi orsi e che i più non erano sopravvissuti. Comunque, se gli orsi non diventano problematici e se le femminine si riproducono a questo ritmo direi che il progetto riuscirà. È vero che mancano all’appello alcuni maschi ed alcune femmine adulti, ma ciò non dovrebbe compromettere la riuscita del progetto.

D: Quanto pensa abbia influito l’attrattiva turistica, ossia l’avere l’orso libero nei boschi trentini e non in gabbia come allo zoo, nella decisione di ripopolare il territorio?

R: Non so se ha portato attrattiva, però mi sento di dire che località come Andalo e Molveno, luoghi di turismo estivo, non hanno subito dei cambi nel numero di turisti che scelgono questi luoghi come meta turistica. Certo è che l’orso è diventato un simbolo e il turista è felice della sua presenza.

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