Ritorno naturale della specie o reintroduzione?
Una delle domande collegate al tema della reintroduzione sul territorio di specie in estinzione è quella relativa alle due possibili soluzioni: il ritorno naturale o la reintroduzione della specie. Secondo gli scienziati che si occupano del ripopolamento dell’orso bruno sul territorio trentino, le possibilità che si avesse un ritorno naturale della specie erano pressoché inesistenti.
Davide Dalpiaz del Museo tridentino di Scienze Naturali sostiene infatti che: “Per quanto riguarda reintroduzioni/ricolonizzazioni spontanee queste seconde sono naturalmente sempre da preferirsi, in quanto più accettate dall'opinione pubblica e non comportando costi. Questo è il motivo per cui la regione Friuli, vicina alla popolazione ursina slovena e interessata regolarmente da "sconfinamenti" non ha previsto per il momento introduzioni di esemplari traslocati. La colonizzazione spontanea è però un processo lento, possono passare da una a più decine di anni da quando arrivano i primi giovani maschi pionieri a quando arrivano anche delle femmine e quindi si possono avere delle riproduzioni. Il Trentino occidentale poi, è quasi "impermeabilizzato" dalla val d'Adige, ostacolo antropico che solo rarissimamente l'orso attraversa. L'idea che la popolazione residua si potesse salvare aspettando l'arrivo di orsi dall'est era quindi totalmente impossibile. Per di più anche gli esemplari che dalla Slovenia si spostano in Friuli sono diminuiti rispetto a una decina di anni fa, perché sono stati autorizzati molti più abbattimenti nella Slovenia del nord”.
Della stessa opinione è Filippo Zibordi del Parco Naturale Adamello Brenta: “Si è optato per una reintroduzione: la popolazione locale di orsi andava considerata biologicamente estinta”.
La scelta della reintroduzione però non porta sempre con sé buoni risultati, come riportano due studiosi, Joern Fisher e David Lindenmayer, in un articolo apparso sulla rivista Biological Conservation nell’anno 2000 dal titolo “An Assessment of the Published Results of Animal Relocation”. Presentano una serie di casi di reintroduzione, i due autori mostrano come nel tempo le reintroduzioni non riescano sempre a dare esiti positivi. Infatti, su circa 100 esempi di reintroduzione, solamente il 26% ha avuto esiti positivi, il 27% ha fallito e il restante 47% ha avuto esito incerto.
Turismo e ambiente
La mappa dei siti di Issuecrawler, attraverso la quale abbiamo analizzato i siti web più importanti legati al progetto Life Ursus, pone al centro come sito più “linkato” http://www.trentino.to/, un sito che si occupa di viaggi e soggiorni in Trentino. Insomma, un sito turistico. Si evince allora che il progetto di reinserimento dell’orso bruno ha qualcosa a che vedere con l’aspetto turistico, in questo caso con l’ambiente del web, come abbiamo documentato in altre parti del blog attraverso video e pubblicità. È allora il caso di cercare di capire come la sociologia si pone di fronte al concetto di turismo e quale tipologia di turismo possa recare con sé la scelta di reintroduzione di una specie in estinzione come quella dell’orso bruno. Per iniziare, nella civiltà contemporanea il turismo si pone anche come mezzo di conoscenza, pari per importanza ai grandi mezzi di comunicazione di massa. Il turismo è quindi un modo di apprendere, giudicare e fare proprio ciò che si incontra. Ecco perciò che il fenomeno non ha più solo una valenza ludica, ma anche di scoperta di cose materiali ed immateriali che fanno parte della cultura locale. Chiaramente, perché si crei un rapporto di scambio, è necessario che vi sia una disponibilità di confronto fra le due parti, cioè fra chi fruisce del luogo e chi propone come scoperta il proprio patrimonio culturale. Se è vero che l’orso bruno fa parte del bagaglio culturale di una popolazione, il suo reinserimento può essere visto come elemento di recupero e riscoperta della cultura locale. Infatti, la consapevolezza da parte delle comunità locali del proprio ambiente naturale, inteso come insieme di elementi legati alla propria tradizione culturale, ha portato negli ultimi anni ad una rivalutazione di tutto ciò che per molto tempo sembrava non interessare il turista e, di conseguenza, neppure quella parte di popolazione locale legata economicamente all’attività turistica. Così, negli ultimi anni, si parla di turismo alternativo, definizione attraverso la quale si auspica un turismo che si evolva in termini qualitativi verso un consumo più critico del prodotto vacanza, un turismo che si renda conto del limite delle risorse a disposizione. Spesso, nelle località dove il fenomeno turistico ha avuto un’influenza notevole sulla vita della popolazione locale, la cultura di quest’ultima è andata col tempo dimenticandosi. Si è perso di vista quell’insieme di tradizioni e usi caratteristici del vivere quotidiano. Il modo di vivere si è modificato, adattandosi alle esigenze del fenomeno turistico in corso, esigenze che spesso hanno comportato la costruzione di infrastrutture dimentiche del rispetto paesaggistico e storico del luogo. Il turismo cosiddetto alternativo fa riferimento, al contrario, ad uno sviluppo turistico che presti attenzione al territorio naturale ed umano nel quale è immerso.
Chi decide? Normative comunitarie, nazionali e locali
Convenzione di Berna del 1979 ovvero Convenzione per la conservazione della vita selvatica e dei suoi biotopi in Europa. Gli scopi della convenzione sono: la conservazione della flora e della fauna spontanea ed i relativi habitat; promuovere la cooperazione tra Stati; monitorare le specie in pericolo e vulnerabili; fornire assistenza sui problemi legali e scientifici.
Art. 1 della Convenzione di Berna per la conservazione della vita selvatica e dei suoi biotopi in Europa (conchiusa il 19 settembre 1979) 1. Scopo della presente Convenzione è di assicurare la conservazione della flora e della fauna selvatiche e dei loro biotopi, segnatamente delle specie e dei biotopi la cui conservazione richiede la cooperazione di più Stati, e di promuovere tale cooperazione. 2. Attenzione particolare è rivolta alle specie, comprese quelle migratrici, minacciate d’estinzione e vulnerabili.
Direttiva europea: Direttiva Habitat 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. In particolare, la direttiva impone agli Stati membri di: sorvegliare lo stato di conservazione dell’Orso bruno (art. 11); promuovere la ricerca, lo scambio di informazioni per garantire un efficace coordinamento della ricerca attuata nella Comunità europea (art. 18, comma 1); incentivare la cooperazione transfrontaliera in materia di ricerca (art. 18, comma 2). Sulla base di questa direttiva è stata impostata
Leggi nazionali: in Italia
Legge provinciale:
Piano d’azione interregionale (PACOBACE): a questo punto, visto che il progetto Life Ursus mira ad un ripopolamento della specie Orso bruno su tutta
Art. 2 e 4 del documento d’approvazione del Piano d’Azione Interregionale per
Art. 2 Vista l’aderenza del Piano alle Linee Guida per la gestione dei grandi carnivori citate in premessa, esso rappresenta il documento di riferimento per gli Accordi internazionali con i Paesi dell’Unione Europea ed extracomunitari e gli Accordi transfrontalieri.
Art. 4 Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, le Regioni e le Province autonome cureranno l’attuazione del Piano.
Finanziamenti ed indennizzi


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